Questo è un semplice canovaccio, una traccia per delle lezioni sul Manzoni.
Da qui il carattere volutamente schematico, forse anche semplicistico dello scritto.
Perciò, abbiate pazienza!
Si tratta di due figure di donna
che si pongono tra loro in in rapporto di netta antitesi,
di forte contrapposizione... e questo sotto vari punti di vista.
Intanto,
Lucia è una giovane,
giovanissima donna: una ragazza o
poco più.
Possiamo
invece ritenere che Gertrude
(la “monaca di Monza” e che Manzoni chiama anche “la signora”)
sia una donna matura, ma non anziana: potrebbe avere un'età compresa
tra i 40 ed i 50 anni.
Del
resto, nei Promessi sposi il
“barocciaio” (colui che guida il baroccio, sorta di carro) che
scorta Lucia e sua madre al monastero1, dice della Signora:
“Non è che sia la badessa, né la priora; che anzi, a quel che
dicono, è una delle più giovani.”2
Dunque
tra Lucia e Gertrude esiste una forte differenza di tipo anagrafico. Inoltre,
Lucia è una donna del popolo;
in più, è lombarda.
Gertrude
appartiene ad una famiglia nobile e
d'origine spagnola.
Sempre
il barocciaio, infatti, afferma: “I suoi del tempo antico erano
gente grande, venuta di Spagna, dove son quelli che
comandano; e per questo la
chiamano la signora (…);
e i suoi d'adesso, laggiù a Milano, contan molto, e son quelli che
hanno sempre ragione.3
Qui
troviamo quindi delle differenze anche di tipo sociale e
di gestione del potere:
la Lombardia del '600, infatti, era un dominio spagnolo (come del
resto buona parte del sud-Italia, Sardegna e Sicilia incluse).
Lucia è
una donna molto religiosa, ma conosce pochissimo il mondo, gli
uomini, il potere, la vita in generale.
Gertrude ha
subito la religione e
soprattutto la vita monacale, che le è stata imposta dalla
famiglia. Vive la religione con una certa insofferenza o con
scetticismo, perché per lei è sinonimo di clausura
forzata.
In
monastero conosce la passione amorosa.
Arriva addirittura al punto di rendersi complice di un omicidio:
è il caso della conversa (laica
che provvedeva a servizi e lavori manuali in convento), con cui
Gertrude ha un'aspra discussione. La conversa affermò che: “Lei
sapeva qualche cosa e, che a tempo e a luogo, avrebbe parlato.”4
Il
qualche cosa era la
storia tra Gertrude e l'amante, Egidio.
Altre
differenze quindi tra Lucia e Gertrude sono di tipo religioso
ed erotico.
Per Lucia l'amore era regolato dalle norme della Chiesa e col suo
Renzo, si manteneva in stato di totale castità.
Le
differenze dunque tra le due donne sono notevoli: Lucia si
presenta quasi sempre come il classico personaggio piatto,
nel senso che la critica letteraria assegna a questo tipo di
personaggi; qualcuno cioè che nel corso della narrazione, non
presenta reali cambiamenti
per quanto riguarda il comportamento, il carattere, il pensiero, il
linguaggio ecc. ecc. e che quindi tende sempre ad una certa
uniformità.
Sempre
nell'ottica della critica letteraria, Gertrude appare
invece come un personaggio a tutto tondo:
da laica a monaca (benché contro la sua volontà), da monaca a donna
che pecca gravemente, a figura che “s'era ravveduta”5
(convertita) fino ad assumere quasi i tratti della santa.
Ma
per non essere troppo severi con Lucia,
dobbiamo riconoscere che il Manzoni attribuisce il merito del sugo
(il senso) del romanzo tanto a
Renzo quanto a lei.
Infatti
Lucia, dopo aver sentito ripetere più volte da Renzo quel che lui
aveva imparato da tutte le loro vicende (in sostanza, il valore della
prudenza), obietta: “E
io_ disse un giorno al suo moralista, _ cosa volete che abbia
imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che
son venuti a cercar me.”6
E
qui, Lucia tocca un punto molto complesso: il problema del Male,
che spesso risparmia i malvagi, ma travolge gli innocenti. Qui,
davvero Lucia dimostra una maturità di pensiero che da una come lei
non ti aspetti.
Inoltre,
lei rivela anche un sottile senso dell'umorismo quando rivolgendosi a
Renzo, lo punzecchia così: “Quando non voleste dire, _ aggiunse,
soavemente sorridendo, _ che il mio sproposito sia stato quello di
volervi bene, e di
promettermi a voi.”7
Alla
fine gli sposi arrivano
alla seguente conclusione, cioè che: “I guai vengono bensì spesso, perché
ci si è dato cagione”8 cioè per nostra responsabilità.
“Ma
che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli
lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia
in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa
conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così
giusta, che abbiamo pensato di metterla qui, come il sugo
della storia.“9
Questa è la
tradizionale visione religiosa della vita che il Manzoni, ormai
lontano dagli ideali illuministi della giovinezza, arrivato all'età
matura abbraccia in pieno.
Accoglierà
quella visione anche la convertita Gertrude: anche se penso che la
sua figura e quella di Lucia vadano valutate nello sviluppo
di tutto il romanzo, non solo in
base al suo finale.
Note
1
Alessandro Manzoni, I promessi sposi, a
cura di Enrico Ghidetti, Feltrinelli, Milano, 2014,
cap.VIII, p.107.
2
A. Manzoni, I promessi sposi,
op. cit., cap. VIII, p.107.
3
A. Manzoni, i Promessi sposi, op. cit., p. VIII, p. 107. I
corsivi sono miei.
4 A. Manzoni,
I promessi sposi, op. cit., cap. X, p. 134.
5 A. Manzoni,
I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVII, p.457.
6 A. Manzoni,
I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVIII, pp.471-472. Il
corsivo è mio.
7 A. Manzoni,
I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVIII, p.472. Il corsivo è
mio.
8 A. Manzoni,
I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVIII, p.472.
9 A. Manzoni,
I promessi sposi, op. cit., cap. XXXVIII, p.472. Il corsivo è
mio.