Ma questo modo di ragionare può
essere accusato appunto di oscurità,
forse anche di volontario inganno...
se non di vera e propria malafede.
Insomma, il rimedio può rivelarsi peggiore del male.
Infatti,
perché mai chi intenda filosofare quindi (secondo l'etimo) amare
la sapienza dovrebbe di fatto
evitare di farlo?
Non
si può infatti ammettere che un filosofo tenga egoisticamente la
verità o la sapienza per sé,
come se fosse un suo possesso personale, privato. A quel punto come
distinguere la verità dall'ignoranza e dall'errore?
Sarebbe
come se qualcuno dicesse alla persona amata: “Fidati, io ti amo
tantissimo. E' vero, non te lo dimostro mai, ma ti amo. Fidati: io
so che ti amo.”
Ma
a nessuno interessa un amore teorico.
Così, anche se sembrerà strano, neanche la filosofia può
permettersi d'essere solo teorica; insomma, non può né deve
permettersi il “lusso” di chiudersi in sé stessa e di non darsi
agli altri.
Quella
che per me è la visione più elevata della filosofia, espressa da
Platone nel mito della caverna1,
insegna che il sapere deve essere messo a disposizione di chi è
ancora vittima di false idee, verità parziali, illusioni ecc. Il
sapere, la verità, la conoscenza devono essere dunque con-divisi,
divisi con gli altri esseri umani.
Alla natura
stessa della filosofia ripugna il fatto che alcuni possano godere
della luce mentre altri rimarranno confinati per chissà quanto in un
mondo di inganni... più o meno frustranti, assurdi, derisori e
dolorosi.
La
filosofia non è quindi una qualche (ed a questo punto neanche
interessante né sensata)
disciplina pura, come
tale riservata a pochi “eletti” bensì qualcosa di sociale.
Essa,
infatti, nasce e vive in società e la sua dimensione naturale non
può che essere quella della discussione,
un qualcosa quindi che avviene tra uomini e donne in carne ed ossa...
Uomini e donne che talvolta avranno anche una conoscenza tecnica,
specifica, insomma specialistica del discorso filosofico... ma
non sempre, né questo è poi
fondamentale.
Ovviamente,
non deve mai mancare il rispetto per
chi appunto del discorso filosofico ha una conoscenza appunto
specifica, conoscenza che ha acquisito con lunghi, difficili anni di
studi e ricerche e che con la conoscenza di quel discorso
cerca di guadagnarsi il
pane... Peraltro non molto, a
dirla tutta!
Comunque,
poiché l'essere umano è animal rationale,
animale razionale, egli è condotto dalla sua stessa natura, dal suo
essere ad interrogarsi sui problemi della filosofia...
Problemi che non
sono poi altro che quelli della vita:
chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, che cosa possiamo
conoscere, che cosa siano il bene ed il male, che cosa sia e come sia
applicabile la giustizia, quale sia l'origine del mondo, il senso del
tempo, il valore dell'amore e dell'amicizia ecc.
Note
- * Ho pubblicato su questo blog le precedenti parti di questo post rispettivamente: la 1/a il 25 /03/2008; la 2/a il 4/4/2008; la 3/a il 17/6/2010; la 4/a l’11/10/2011, la 5/a il 27/11/2011; la 6/a il 15/11/2012; la 7/a l'8/12/2012.
Il riepilogo di questo post (sino alla 7/a parte) è stato pubblicato il 21/02/2013.
Ho pubblicato l'8/a parte il 20/03/2013 e la 9/a il 14/09/2013. - Ho pubblicato la 10/a il 5/10/2013
1
Platone, La repubblica, Fabbri Editori, Milano, 2000, VII,
p.242 sgg.