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domenica 31 gennaio 2016

Riecco I.I., l'Interlocutore Immaginario


La cassetta dei Dubliners inizia a stonare così decido di prendere il bus per andare a fare un po' di fotocopie.
Prendo posto a fianco di un tipo che a giudicare da come russa, deve aver tagliato da tempo il traguardo dell'8/a bottiglia di birra Ichnusa.
Io non ho mai avuto niente contro la gloriosa birra locale, ma spero che quello (dalle braccia + grosse delle mie gambe e dal torace largo come come il tronco di una quercia) non mi frani addosso.
Ma ecco che rispunta il mio amato I.I.
Intanto, Oranguccio Bello si è svegliato; nel far questo, si è stirato rischiando d'asportare col gomito un finestrino del bus.
Interlocutor Imaginarius non si lascia impressionare: sfodera un sorriso modello big ruffyan ed una fiasca di acquavite. Gorilla Magnus sorride, ringrazia, scatarra, beve a garganella poi si alza, saluta e salta giù dal mezzo... in corsa.
Interlocutor: “Allora, Ric. Tutto bene? Non ci vediamo da... da quanto? Non ricordo.”
Io: “Mesi. O forse 2, 3 anni...”
Imaginarius: “Già. La pancia come sta? E scusa per la rima...”
Io: “Guarda, se devi riattaccare con le frecciate, puoi anche levarti dai piedi.”
Interlocutor: “Uh, come sei permaloso... si chiede così, tanto per dire qualcosa...”
Io: “Ah sì? Allora sentiamo, come stanno le tue ascelle, puzzano sempre di puzzola morta?”
“Lui: “Ma le mie ascelle, proprio come le tue, non puzzano mai; neanche quando corro alle 4 di pomeriggio in piena estate... e questo lo sai!”
Io: “Ah, vedi che certe domande danno fastidio?”
Lui: “Hai ragione. Ma sta di fatto che tu hai un po' di pancia: non puoi negarlo.”
Stava cominciando a darmi sui nervi; eppure non lo vedevo da tanto, tanto tempo. E lui era me o viceversa.
Ma forse, il problema era più semplice: non sopportiamo le persone che ci sono più vicine; probabilmente perché ci sono così vicine. Non potrebbero spostarsi un pochino?
Interlocutor: “Che cosa stai pensando?”
Io: “Mah... le solite cose.”
“Ma che razza di amico o di me stesso sei?!”, urlò I.I., scendendo dal bus così come aveva fatto Orangus. Solo che lui non si era offeso.
Va sempre a finire così... la gente non capisce come sono fatto (a volte non lo capisco neanch'io) e scambia la mia timidezza per superbia; o prende i miei dubbi per intellettualismo.
Col bel risultato che alla fine, rimango solo se non come un cane, col mio cane.
Che poi la cosa non mi va neanche tanto, considerando il fatto che gli animali (oh, mostro!) non mi piacciono.
Ma quando le cose vanno in questo modo, c'è poco da fare.
E purtroppo, è difficile farle andare in un altro.





sabato 23 gennaio 2016

Sole messicano e pallone


Benché il titolo possa ingannare, vi assicuro che questo post non parlerà dei mondiali di calcio disputatisi in Messico nel 1970 e nel 1986: i primi vinti dal Brasile di Pelè, i secondi vinti dall'Argentina di Maradona.
Per la cronaca; nel 1970 il Brasile batté 4-1 l'Italia di Riva e Rivera che pure aveva sconfitto per 4-3, in una partita ormai entrata nella storia, la Germania di Muller e Beckenbauer.
Nel 1986 l'Argentina di Maradona, Valdano e Burruchaga piegò la Germania per 3-2... questo benchè i tedeschi fossero riusciti a rimontare, portandosi sul 2-2 dopo l'iniziale 0-2.
E così, vi ho parlato dei mondiali del Mexico.
Passiamo quindi al vero oggetto del post.
Tra i 9 ed i 10, 11, 12 anni ecc., in estate io ed il mio amico Carlo “scendevamo” sotto casa per giocare a calcio.
Ora, sul concetto di estate dobbiamo intenderci bene: soprattutto nel sud della Sardegna ed a Cagliari, l'estate è una stagione che di solito inizia a fine aprile per terminare a metà ottobre.
Anzi, perfino il novembre 2013 è stato caldo come non lo ricordavo da decenni... ed io ne ho ben 5!
Quando da ragazzi facevamo vela (espressione questa che a Cagliari indica il marinare la scuola) ebbene, a novembre ci si concedeva volentieri un tuffetto al mare.
In effetti, “fare vela” mi sembra in linea col fatto la Sardegna è un'isola e che soprattutto Cagliari si trova proprio sul mare.
Però l'espressione “marinare la scuola” potrebbe far pensare alle anguille marinate, no? E quelle si “marinano” anche dove il mare non c'è.
Vabbe', andiamo avanti.
Con Carlo “scendevamo” sotto casa e nel nostro vecchio quartiere di Is Bingias (le vigne) c'erano soltanto: 2-3 palazzine, nessuna strada asfaltata, in lontananza la ferrovia e per il resto, aperta campagna.
Quando arrivavamo sul posto erano sempre le 15... il sole bruciava che sembrava avessimo preso un bus per l'Inferno, ovunque vedevi erba bruciacchiata e sofferente, le strade anzi gli spiazzi sterrati erano di un bianco innaturale, il sole picchiava sul terreno senza misericordia, ma noi giocavamo comunque: uno contro uno...
La temperatura doveva aggirarsi, svolazzando come una stupida avvoltoia, sui 35 gradi in su...
2 bambini che giocavano a calcio in quel mare di fuoco... c'eravamo solo noi perché come insinuavano i nostri amici, era “da grezzi”, da persone insomma prive di stile giocare alle 15.
In realtà era da eroi.
Infatti quegli altri arrivavano freschi freschi alle 17 e non avendo oltretutto i nostri piedi di legno, vincevano facile.
Una volta durante una partita “a tiri”(tirava prima l'uno poi l'altro, a turno e vinceva chi “arrivava” a 10 gol) ci apparvero Clint Eastwood e Lee Van Cleef.
Vincevo 9-8 ed il tiro decisivo spettava a me. Stavo per tirare de puntera (di punta) quando Clint sputò via il suo sigaro e disse: “Così non va bene, ragazzo. Devi essere leale. Devi!
Lee, ridendo: “Ma lascialo fare! Dopotutto, quel che conta è il risultato... non è così, texano?
“No, colonnello: lo sanno anche a Kansas City che il tiro de puntera è troppo forte e comunque, del tutto privo di classe.”
Carlo, furibondo: “Sta dicendo che sono un grezzo?! Ma come si permette, mister Eastwood, come si permette?!”
Calmati, Doc”, sibilò Lee Van.
Carlo si calmò e più tardi, scomparsi Clint e Cleef, mi chiese: “Ma perché il signor Lee mi ha chiamato “doc?”
“Semplice: quella è l'abbreviazione per doctor che in inglese significa dottore.”
Circa 20 anni dopo Carlo diventò effettivamente un medico. Sono sicuro che quando gli racconterò questo episodio e la profezia del grande Cleef (tutt'altro quindi che un brutto ceffo) lui mi consiglierà uno psichiatra. Sì, lo farà senz'altro. 
Ma vinsi quella partita: segnai il 10° gol tirando d'esterno, quasi all'ungherese.