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martedì 29 settembre 2009

Presentazione de “Il gioioso tormento” alla Vetreria


Sabato 26 alle 18.30 ho presentato nella Sala Rubino della Vetreria di Cagliari-Pirri il mio 3° libro, il romanzo Il gioioso tormento.
La Vetreria era un’antica fabbrica che fu abbandonata parecchio tempo fa; pensate che era già un rudere quando io avevo 10 anni…
Vabbe’, chiederò a Springsteen di scrivere un’altra Factory, fabbrica e lo costringerò a dedicarmela, così saremo tutti contenti.
Bene, arrivo sul luogo del delitto alle 18 e dopo 2 minuti perdo la famiglia; altri 30 secondi e non vedo più i miei amici. Gli ex-colleghi non si erano neanche fatti vedere. Certo che le cose si mettevano proprio bene!
Alle 18.15 incontro l’editore, Davide “big man” Zedda, il suo fedele e caustico vice Roberto Sanna e l’amica e poetessa Carmen Salis.
Alle 18.30, calcio d’inizio. Veloce introduzione di Dav & Rob, i Blues Brothers dell’editoria cagliaritana, poi Carmen inizia a leggere un brano dal Gioioso tormento.
Il pubblico segue con piacere ed interesse l’incrociarsi della voce suadente di Carmen col timbro sicuro della chitarra di Davide. Applausi.
Alla lettura with music si alternano gli interventi di Rob, che in modo sintetico ma denso accenna ad alcuni aspetti del romanzo.
Mica facile: infatti il Gioioso fonde (o almeno spero che sia così) tra loro lati umoristici, riflessivi ed anche drammatici. Ma lui riesce a presentarli in modo chiaro e distinto (scusa, Cartesio).
Quando mi cede la parola penso: “Ora cominciano i guai.” Per me, parlare in pubblico è sempre difficile… benché mi si assicuri il contrario. Mah… sarà. Comunque, dico qualcosa ed il pubblico sembra soddisfatto.
Guardo Dav che secondo me, vorrebbe lanciarsi in un rock-blues alla J.L. Hooker, qualcosa come Boom boom; sceglie un accompagnamento classico ma per fortuna, ogni tanto il blues gli scivola dalle dita!
La voce di Carmen evoca dal libro antichi pescatori, castelli fuori dal tempo, cucina francese e vecchia Praga. Rob mi interroga su ruolo e problemi di chi scrive, in un mondo che bada più al danaro ed all’immagine.
Rispondo che chi scrive deve dire sempre ciò che pensa e senza paura, benché la sua azione possa avere molto più peso se non agisce da solo.
Mi premeva sottolineare il lato talvolta molto umoristico del libro, ma mancavo della tranquillità per fare delle battute decenti; ero tesino…
Comunque evidenzio il fatto che per me un romanzo deve essere vario come una città: ogni suo capitolo un rione, ogni frase una strada.
Inoltre, affermo che una trama deve svilupparsi non in base a schemi ma in base alla vita, che ne sa sempre più di qualsiasi schema; è una dannatissima volpe la vita, no?!
Ok, ulteriori arpeggi di Dav; gli interventi puntuali, anche taglienti (ma non con me) di Rob; la voce castellana di Carmen… tutto questo termina. Ultimi applausi, in tanti si avvicinano per farsi dedicare il libro. Fine.
Grazie a tutti voi, pubblico (anche numerosetto, eh? Bravi!) e grazie a voi, 3 moschettieri.
Sere come questa, non si possono dimenticare…




venerdì 18 settembre 2009

…E dopo mi chiameranno “Terzolibro”


Sabato 26 settembre uscirà il mio nuovo libro, Il gioioso tormento.
Dove? Presso la sala Diamante - Centro Culturale - La Vetreria, in Viale Italia, Pirri-Cagliari, alle ore 18.30.
Siete tutti invitati!
Ora, il titolo di questo post è un chiaro, evidente omaggio ai western all’italiana. Sì, quelli del ciclo de Lo chiamavano Trinità, …Continuavano a chiamarlo Trinità ecc. con Bud Spencer e Terence Hill.
Benché io sia un grande appassionato del cinema d’Autore (Truffaut, Bergman, Fellini ecc.) ed un entusiasta lettore di Gramsci, S. Agostino, Joyce, Kafka e Dostoevskij, mi diverto ancora molto quando vedo un film con Bud e Terence.
Quando poi becco qualcosa di Sergio Leone, allora per me è davvero il massimo!
Tutto questo per dire che nella mia scrittura c’è (o almeno spero che ci sia) qualcosa dello spirito di quei films.
Certo, potevo dirlo subito e con meno parole.
Ma è proprio questo il punto: la vita e la letteratura sono così strane, complicate e meravigliose che secondo me, di solito non bisogna aver troppa fretta nel concludere e nel dire le cose.
C’è il rischio d’essere troppo schematici e categorici ed io, con gli schemi e le categorie non sono mai andato d’accordo.
Di che cosa parla questo 3° libro?
Ma quando mai dovrei dirvelo!
Facciamo così: leggete il libro e poi mi farete sapere di che cosa parli secondo voi.
Di sicuro, stavolta Giacomo Porcheddu, il protagonista è più vecchio di quanto non fosse nel 2°, Lune a scoppio.
E nel Gioioso tormento Giacomo che con orgoglio si definisce vecchio ragazzo, potrebbe arrivare ad un regolamento di conti coi suoi amati fantasmi ed in generale, col gentilissimo mondo dell’oltretomba.
Kalaris, Casteddu, Caller, Kar-El, Cagliari o come la vogliamo chiamare, cede talvolta il passo a Praga e quel regolamento potrebbe segnare la fine di Giacomo.
Come andrà a finire?
Lo scoprirete.
Lo so, questa può sembrare una promessa.
O una minaccia

giovedì 10 settembre 2009

La sede di un convegno


Il 27/04/09 a Cagliari, nella Sala dei ritratti della Fondazione Istituto Storico Giuseppe Siotto ho seguito il convegno che aveva per tema L’autografo di Gramsci. Considerazioni sull’importanza di un accesso diretto ai testi gramsciani.
La Sala, sfarzosa ed insieme austera ha per me un che di misterioso: si trova infatti all’interno di un antico palazzo della città vecchia. E pare quasi che il palazzo voglia nascondersi o sottrarsi alla complessa, intricata rete di vicoli e viuzze appunto della Cagliari vecchia.
All’interno della sala, uno specchio rifletteva parte dei relatori e del pubblico; ma come se il vetro fosse appannato ed il tempo scorresse in modo lento e veloce; comunque, discontinuo. Ciò mi ha quasi turbato.
Considero queste immagini una metafora (spero buona) di quella macchina di pensiero-guida per l’azione che chiamiamo Quaderni del carcere.
I Qq., infatti, inizialmente possono sembrare intricati o frammentari e che si dirigano in mille, opposte direzioni; talvolta pare che siano tenuti insieme da un’armoniosa unità di temi e motivi. Ma Gramsci aveva sottolineato in partenza il carattere di work in progress (lavori in corso) dell’op.
“In generale ricordare che tutte queste note sono provvisorie e scritte a penna corrente: esse sono da rivedere e da controllare minutamente, perché certamente contengono inesattezze, anacronismi, falsi accostamenti ecc. che non importano danno perché le note hanno solo l’ufficio di promemoria rapido” (A. Gramsci, Quaderni del carcere, a c. di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino, 1975, p.438).
Ma chi legga i Qq. attentamente non avrà più l’iniziale impressione di caoticità. Infatti, scrisse Gramsci, da “tali note e appunti”, “potranno risultare dei saggi indipendenti”; questo, pur tenendo conto del “carattere provvisorio” di quei materiali (A. Gramsci, Quaderni, op. cit., p.935; cfr. anche p.1365).
Questo piano di lavoro rispondeva a costanti e precedenti interessi culturali nonché al rigore metodologico del Nostro. Gramsci, insomma, non improvvisava ma sviluppava temi di cui si interessava da tempo. “Non si possono infatti capire i Quaderni senza aver letto con attenzione le Lettere (V. Gerratana, Gramsci. Problemi di metodo, Editori Riuniti, Roma, 1997, p.76).
Certo, i Qq. esigono lettori che sappiano leggerli ed interrogarli e che quindi conoscano i complessi temi da Gramsci trattati. Così, potremmo dire che i Qq. non sono per tutti… ma non per colpa di Gramsci.
E’ possibile istituire uno parallelo con lo sport, che è certo duro, sfiancante. Ma è tale soprattutto per chi scansi l’allenamento serio, metodico e certo, anche intelligente.



venerdì 4 settembre 2009

“Prestami una vita”, di Gianni Zanata


E’ con gioia mista ad imbarazzo che oggi vi parlo del 1° romanzo di G. Zanata, Prestami una vita, Edizioni Rebus.
Gioia perché si tratta di un libro togu; imbarazzo perché lui è un caro amico e non vorrei sembrare di parte.
Ma il prof. Hans von Objektivus, dell’università di Jena-Magdeburgo mi ha detto: “Lascia ’sti scrupoli a noi vecchi prussiani e studiosi di ferro!”
Ho obbedito. Prestami è un libro che si sviluppa sulla base di un disastroso incidente aereo; sì, perché gli incidenti aerei sono così, disastrosi.
Ma ben presto Gianni, anzi il suo alter-ego Duilio Settembrini compie una sorta di inversione “a u” sul proprio passato…
Dove ci troviamo? Forse a Cagliari. Il modo in cui Duilio descrive il cortile di un certo liceo, il saluto “ciao bestia” tipico di noi (quasi- vecchi) cagliaritani...
Ma i soggiorni ed amori romani del padre di Duilio ed il lessico (che definirei porno-trilussiano) della madre dell’amante di Duilio, fanno pensare che siamo nell’Urbe.
Gianni- Duilio non risolve questa ambiguità, il che è un bene perché nessuno dei 2 è un realista.
Altro bene: per molte delle pagine iniziali incontriamo delle scoppiettanti metafore; poi, con nonchalance, Duilio-Gianni sceglie una narrazione più sobria… ma senza tralasciare un uso incisivo del linguaggio, come quando definisce la particolarissima casa Settembrini “famiglia intermittente.”
Notevole la figura dell’amante di Duilio, Dorotea Lucci; disinibita almeno quanto il balletto del Crazy Horse al gran completo… ma in modo fresco, naturale e del tutto priva di sensi di colpa o del peccato. Lei, insieme a Duilio è la figura più riuscita del libro.
Dorotea aiuterà Duilio oltre che nel loro sesso esplosivo, anche nella ricerca di una sorella di cui aveva sempre ignorato l’esistenza e di una principesca eredità.
Duilio si situa tra Charlot e Keith Richards: oscilla quindi tra il candore ed il cinismo; ma ha un codice che lo guida lungo una strada fatta di ricordi, sogni, improvvisa ricchezza, sexus, disillusioni, viaggi da Londra agli States…
Del libro vanno anche riletti certi capitoli o alcuni flash.
Come per es. come quello in cui Duilio incontra un vicino che: “Non si sa bene per quale motivo, si era convinto che fossi il nipote di un suo lontano parente.”
Gianni sa infatti dipingere dei personaggi kafkiani, ma animati da una vena di sottile umorismo.
Leggetelo, Prestami una vita.
Non solo non ve ne pentirete, ma ve ne… rallegrerete.